C’è un momento in cui ci si guarda indietro a ripercorrere la propria vita in filosofia. È il momento in cui ci si chiede che cos’è e cosa è stato di se stessi. L’autore prova a interrogare se stesso in un dialogo interiore interiore con la figura che rappresenta la filosofia nella storia della nostra cultura. È una lettera, inviata a un indirizzo di un tempo che vive in ogni momento e che si oscura e si manifesta come l’attimo che si coglie solo come eternità nell’amore e nell’amicizia.
Mio caro Platone,
con emozione grandissima prendo a scriverti questa lettera che leggerai, lo so, ogni volta che sarà nelle mani di chi penserà di averla ritrovata dopo averla a lungo nascosta nella gelosia del suo segreto. Allora anche il passo più lieve, una parola o uno sguardo silenzioso alle sue spalle sarà per lui intrusivo e basterà, come per me, a ritirarla, facendoti svanire nell’intimità dei miei pensieri. È una lettera privata, pubblica lo sarà ogni volta che arriverà a chi non era destinata. É una lettera, che non ho scritto io. Di me, non mia, raccolta nella sola intenzione della sua lettura.
…
si scrive sempre per qualcuno e a qualcuno. Ed è sempre un altro che ti fa scrivere. Sarà lui alla fine il vero autore, quello a cui ti rivolgi e che ti fa rivolgere in te stesso. Davvero è una voce che ti guida sulla linea del testo. Ne sei testimone. È una voce che risuona del silenzio, tua e non di te, perché viene da chi ti fa parlare e ti mette in rivolta.
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